
Il referendum dell’8 e 9 giugno ha visto la partecipazione di 15,3 milioni di italiani (Italia + estero) per un valore appena inferiore al 30% di affluenza, mancando il quorum, cosa peraltro ampiamente prevista da tutti i sondaggi usciti sul tema e più in generale da un obiettiva analisi del contesto storico attuale.
Nonostante ciò un’analisi del risultato che ha comunque coinvolto un numero così alto di elettori, e indirettamente anche tutti gli altri, può fornire diverse indicazioni interessanti sulle idee degli italiani e sulla geografia del voto politico.
I numeri in breve
Guardando la storia recente, quella post politiche 2008, si tratta della terza affluenza più alta per un referendum abrogativo su 5 complessivi. Molto lontani i valori del referendum del 2011 su Nucleare, Acqua pubblica e lodo Alfano, mentre la partecipazione è stata superiore al referendum 2009, su riforma della legge elettorale, e quello sulla giustizia del 2022. L’affluenza più vicina è quella del referendum 2016 (Trivelle), rispetto al quale questo ha chiuso appena sotto.
I primi quattro quesiti sul lavoro, con differenze appena percettibili, hanno visto una netta maggioranza di Sì quasi al 90%. Il V quesito, sulla cittadinanza, è terminato con i due terzi dei voti validi a favore e un terzo contro.
I flussi con i dati delle politiche
Comparati con i dati delle ultime politiche in valori assoluti, notiamo come il numero dei voti (15,3 mln) sia stato superiore agli elettori delle opposizioni parlamentari (csx+cx+m5s). Il numero di Sì al I quesito, 13 mln, è stato anche superiore ai voti presi dal centrodestra alle scorse elezioni (dati comprensivi dell’estero). Lontano da questa soglia è rimasto invece il valore di Sì al V quesito.
Sempre rispetto alle politiche notiamo una particolare distribuzione del voto. A livello nazionale il numero di votanti ha questo referendum è stato appena inferiore alla metà di quelli delle politiche. Se però a livello nazionale la media è stata di un 48% di votanti delle politiche in alcune regioni, non si è nemmeno raggiunto il 40%, cioè in Veneto e Trentino Alto Adige. Più in generale l’affluenza rispetto al solito è stata particolarmente bassa in tutto il triveneto, ma anche in Lombardia e in Sicilia. Di contro, in alcune regioni hanno votato più della metà degli elettori delle politiche. I valori massimi vengono da Campania, Toscana e Liguria. Valori apprezzabilmente più alti della media nazionale però anche da Emilia Romagna, Basilicata, Piemonte e Sardegna.
Cosa hanno fatto gli elettori di centrodestra e delle opposizioni?
La distribuzione del voto suggerisce come siano mancati soprattutto i voti del centrodestra, triveneto e Lombardia bassi ma anche Abruzzo, Sicilia e Calabria sotto la media. Di contro le aree con i migliori rapporti di voti rispetto alle politiche sono chiaramente quelli di forza del centrosinistra.
L’analisi dei dati conferma queste indicazioni regionali. La grande parte degli elettori del centrosinistra delle politiche 2022 ha partecipato a questo voto referendario, circa il 90%. Di contro, appena circa il 15% degli elettori di centrodestra si è recato a votare. Su valori di partecipazione intermedi si pongono gli elettori del movimento 5 stelle e del terzo polo. Un po’ più della metà dei primi ha partecipato al voto, e circa il 40% dei secondi.
Per quanto riguarda cosa hanno votato gli elettori dei vari partiti introduciamo il ragionamento con dei valori particolari, i risultati al referendum nei comuni in cui si votava contemporaneamente anche per le comunali (ballottaggi nel resto d’Italia, primo turno in Sardegna). Sebbene siano stati registrate delle differenze tra chi ha votato alle amministrative e chi ha votato ai referendum queste rimangono nell’ordine dei 3-4 punti percentuali, il che significa che comunque la gran parte di chi ha votato alle amministrative, indipendentemente dalla sua parte politica ha votato anche ai referendum.
Qui siamo in particolare interessati agli elettori di centrodestra che in questi comuni, a differenza del resto d’Italia, si sono recati in percentuali rilevanti alle urne. Non bisogna affatto dare per scontato che i risultati in questi comuni siano rappresentativi del voto degli elettori del centrodestra nel resto del paese. Intatti, anche appartenendo alla stessa parte politica, l’elettore che si reca a votare solo per i referendum può essere anche sensibilmente diverso rispetto a quello che si reca a votare per le amministrative che ritira ANCHE le schede per il referendum. Quindi usiamo questi risultati solo per trarre degli spunti. La prima cosa da notare e che in tutti questi comuni, anche in quelli in cui i candidati di centrodestra hanno preso oltre il 50% dei voti, i Sì al primo quesito sono molto alti. Segno che almeno in questo caso chi ha votato centrodestra ha in genere anche votato sì ai quesiti sul lavoro. Molto diverso invece il dato sul V quesito, dove si nota che a una maggiore forza del cdx (anche al primo turno per quanto riguarda i comuni al ballottaggio) fa seguito di solito un valore molto più basso di sì al V quesito.
L’analisi del dati conferma queste indicazioni. In particolare gli elettori di centrodestra che si sono votati alle urne hanno votato in maggioranza (60-80%) Sì ai quesiti sul lavoro. Una percentuale residuale di loro ha invece votato Sì al V quesito sulla cittadinanza. Per quanto riguarda gli elettori del centrosinistra delle politiche 2022, la gran parte di loro (90%) ha votato Sì sul Lavoro, con una frazione di No concentrati principalmente nell’elettorato di Più Europa. Mentre sul V quesito c’è stato un numero superiore di contrari, con i Sì al 70-85%.
Su questo punto occorre forse sottolineare come vi sia una frazione, per quanto minoritaria, di elettorato di centrosinistra che nonostante le indicazioni, concordi tra tutte le forze politiche della coalizione, abbia votato no al quesito. Questa % di “dissidenti” tende ad aumentare nell’elettorato della provincia, del nord e delle periferie. Mentre diminuisce nelle città e nel sud Italia.
Tra gli elettori del Movimento 5 Stelle percentuali ancora più alte di Sì al I Quesito, la quasi totalità, mentre un numero leggermente inferiore rispetto al centrosinistra di voti favorevoli al quesito sulla cittadinanza.
Infine gli elettori del terzo polo hanno mostrato una dinamica opposta a quelli del centrodestra, con una % bassa di Sì (10-25%) ai quesiti sul lavoro e molto alta sulla cittadinanza (90-100%).
Da questi dati possiamo anche notare, riallacciandoci a quanto detto all’inizio dell’articolo, che non tutti i Sì, nemmeno quelli al I quesito, siano riconducibili a un elettorato del centrosinistra, o comunque progressista, essendoci al loro interno anche una frazione minoritaria ma non trascurabile di voti del centrodestra. è quindi azzardato considerare tutti i Sì al I quesito come parte della base di una coalizione alternativa al centrodestra, anche per via della presenza in questi voti di elettori esterni alle coalizioni principali o anche astenuti “cronici” da politiche, sebbene comunque chiaramente la gran parte di questi voti sono da ricondurre a forze alternative al centrodestra.
La distribuzione di favorevoli ai vari quesiti
Qualche parola anche sulla distribuzione dei risultati dei quesiti. Per quanto riguarda il I quesito le % più alte di Sì sul totale dei voti validi si sono raggiunte al sud Italia, complice il sostegno apparentemente nettissimo fornito a questa opzione dall’elettorato 5 stelle. In particolare molto alti in Campania, Calabria e Sardegna. Di contro le province con un Sì più basso, sebbene si parli comunque sempre di valori sull’80-85%, le troviamo nel nord Italia, fuori dalle città principali e in particolare nel triveneto.
Per quanto riguarda il V quesito, i valori più alti si sono raggiunti nelle città, in particolare in quelle di centro e sud Italia (Napoli, Palermo, Roma, Firenze, Bologna). Fuori da queste aree valori molto alti in generale in Sardegna, Calabria e Campania. Di contro i valori più bassi, questa volta anche sotto al 60%, sono stati registrati in diverse province del nord Italia, trainate dalla presenza, per quanto minoritaria, di più elettorato di centrodestra. Si distingue dal resto delle province italiane l’Alto Adige, l’unica provincia in cui la % di No ha superato quella di Sì.
In conclusione
Questo referendum ha visto un’affluenza lontana dal quorum ma in linea con i precedenti più recenti. Più in generale questo tasso di votanti è in accordo con la dinamica di continuo calo delle affluenze che si registra in tutte le elezioni a ogni livello. La partecipazione al voto è stata principalmente all’interno delle forze di opposizione, con le punte massime nel centrosinistra delle europee (PD, AVS, Più Europa) e minima nel centrodestra.
I pochi elettori di centrodestra che si sono recati alle urne hanno comunque mostrato un apprezzamento sui quesiti sul lavoro che non è affatto da sottovalutare e che evidenzia un’esigenza in quell’elettorato forse non soddisfatta dalla propria coalizione di riferimento. Difficile dire quanto alle forze di centrodestra convenga provare in qualche modo a rispondere a questa esigenza.
I problemi però sono anche nel campo largo, infatti questo voto ha mostrato come ci siano almeno tre componenti difficili da conciliare. A fronte della maggioranza assoluta, che ha votato Sì sia ai referendum sul lavoro che a quelli sulla cittadinanza, sono venute fuori due minoranze numericamente apprezzabili. Una, rappresentata principalmente dagli elettori centristi, che ha bocciato i referendum sul lavoro. L’altra, composta da una frazione dell’elettorato 5 stelle e PD, contraria al quesito sulla cittadinanza. Vedremo se e come le forze del costituendo campo largo sapranno mettere insieme queste differenze.